La pubblicazione della recente risposta all’interpello n. 82 fornita dall’Agenzia delle entrate rappresenta un’occasione per tornare sul tema delle opzioni fiscali e contabili e sui rimedi che si possono esperire per sanare eventuali dimenticanze.

Preliminarmente, va osservato che, sotto il profilo degli effetti, le opzione fiscali e contabili possono essere classificate in due marco categorie:

  • le opzioni la cui mancata comunicazione costituisce una mera irregolarità;
  • le opzioni la cui mancata comunicazione determina la decadenza da un beneficio o da un regime particolare.

Tipicamente, le opzioni della prima categoria sono quelle di cui all’articolo 1 D.P.R. 442/1997 inserite nel quadro VO della dichiarazione Iva; il quadro deve essere compilato per comunicare, mediante la barratura della casella corrispondente, l’opzione (o la revoca) per una modalità di determinazione dell’imposta o per un regime contabile diverso da quello proprio. Vi rientrano, tra gli altri, i seguenti casi:

  • i contribuenti che, esercitando più imprese o più attività nell’ambito della stessa impresa ovvero più arti o professioni, comunicano di aver optato per l’applicazione separata dell’imposta;
  • i contribuenti che comunicano di essersi avvalsi della dispensa dagli obblighi di fatturazione e registrazione relativamente a talune operazioni esenti;
  • le ditte individuali e i liberi professionisti che, pur avendo i requisiti per essere forfettari, hanno optato per la determinazione dell’Iva e del reddito nei modi ordinari;
  • i contribuenti che hanno optato, nel corso del 2015, per l’applicazione del regime fiscale di vantaggio (c.d. “minimi”) e hanno revocato tale scelta accedendo al regime forfetario.

In base alla sentenza n. 991/2015 della Corte di Cassazione, è riconducibile a tale categoria di opzioni anche quella che dà la possibilità di frazionare la tassazione della plusvalenza ex articolo 86 Tuir. Lo stesso dicasi per la rivalutazione del valore dei terreni e delle partecipazioni non quotate detenute da persone fisiche, società semplici o enti non commerciali (circolare 1/E/2013).

La barratura del quadro dichiarativo ha carattere meramente comunicativo, siccome ai fini della validità dell’opzione rileva unicamente il concreto comportamento adottato dal contribuente. Sicché, il difetto comunicativo non compromette l’opzione, ma determina al più una mera irregolarità e, quindi, l’applicazione della sanzione in misura fissa da un minimo di euro 250 ad un massimo di euro 2.000 (ex articolo 8, comma 1, D.Lgs. 471/1997 come da circolare 209/1998).

Diversamente, la seconda categoria di opzioni riguarda benefici di natura fiscale e regimi fiscali opzionali il cui obbligo di preventiva comunicazione è previsto a pena di decadenza; pertanto, la non tempestiva esecuzione non assume natura di mera irregolarità.

Tali opzioni sono le uniche che ricadono nell’ambito applicativo dell’istituto della remissione in bonis (articolo 2, comma 1, D.L. 16/2012) volto sanare l’omessa comunicazione della scelta attraverso:

  • l’effettuazione dell’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
  • il versamento contestuale dell’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, D.Lgs. 471/1997 (250 euro).

Si noti, tuttavia, che, a parere dell’Agenzia delle entrate, la remissione in bonis può essere utilizzata come strumento di ravvedimento solo nei casi in cui la mancata opzione derivi da una mera dimenticanza e non anche quando la causa dell’omissione sia un mero ripensamento.

In concreto, ciò significa che, l’istituto esplica effetto quando il comportamento adottato dal contribuente è stato coerente con la sua volontà di optare per il beneficio o il regime opzionale.

Ad esempio, con riferimento alla mancata opzione per il regime della cedolare secca, “non può essere ammesso ad usufruire dell’istituto in esame chi ha effettuato il versamento dell’imposta di registro (anche se in un’unica soluzione) prima di esercitare l’opzione per il regime della cedolare secca” (circolare 47/E/2012). Siffatta interpretazione restrittiva è da sempre oggetto di critiche da parte della dottrina, secondo cui la remissione in bonis dovrebbe essere applicabile indipendentemente dalla causa che ha originato la mancata opzione.

In ogni caso, e quindi per entrambe le categorie di opzioni, la mancata comunicazione non può essere regolarizzata attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa, poiché in tale evenienza non si ravvisa un errore rilevante ed essenziale necessario per rettificare una dichiarazione di scienza quali sono le dichiarazioni fiscali (risoluzione 325/2002 e risposta n. 82/2019).

Invece, l’omissione dell’opzione può essere sanata con la presentazione di una dichiarazione correttiva nei termini, ossia entro la scadenza legale, oppure di una dichiarazione rettificativa tardiva, ossia entro 90 giorni dalla scadenza del termine legale, giacché entrambe hanno l’effetto di sostituire la dichiarazione originaria. Resta fermo che nel caso della correttiva tardiva verrà applicata la sanzione amministrativa per la tardiva presentazione del modello pari a 250 euro (risoluzione 325/2002).

Lo studio rimane a disposizione per chiarimenti ed assistenza.

Tratto da ecnews.it

Di DOTT. MATTEO FRISACCO

Dottore Commercialista e Revisore Legale dei Conti, Membro effettivo del Collegio Sindacale, Revisore Legale dei conti, Curatore Fallimentare, Iscritto nell'Elenco dei Revisori degli Enti Locali, Consulente nella gestione dei rapporti di lavoro legge 12/1979, Iscritto all'Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Treviso, Iscritto al Registro Nazionale dei Revisori Legali.

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