Cambiano le regole per la deduzione delle spese di viaggio e trasporto per i professionisti: a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016, non sono tassate come reddito di lavoro autonomo le spese relative alle prestazioni di viaggio e di trasporto se acquistate direttamente dal committente, così come già avviene per le prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande.
E soprattutto diventano interamente deducibili le spese sostenute dal professionista, nell’esecuzione dell’incarico ricevuto, che vengono riaddebitate analiticamente al committente.

La prima novità rappresenta un completamento di una norma che è stata oggetto, nel recente passato, di diversi rimaneggiamenti. Per meglio comprendere gli impatti della novità introdotta dal decreto fiscale considerato che, di fatto, si equipara il trattamento fiscale delle spese di viaggio e trasporto a quelle alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande, vale la pena di riassumere l’attuale disciplina di queste ultime spese (art. 54, comma 5, TUIR) e la sua recentemente evoluzione.
Regole a partire dal 2009
Le prestazioni alberghiere e le somministrazione di alimenti e bevande sono deducibili per un importo complessivamente non superiore al 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.
Inoltre, con le modifiche introdotte dal D.L. n. 112/2008, a partire dal 1° gennaio 2009, tali spese sono deducibili nella misura del 75% e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta.
Pertanto, l’ammontare del 2% dei compensi rappresenta il limite massimo entro cui ragguagliare la deduzione, che comunque compete solo relativamente al 75% dei costi sostenuti, nell’esercizio dell’arte o della professione, per le prestazioni in questione.
Le modifiche introdotte dal D.L. n. 112/2008 non hanno interessato le spese di vitto e alloggio sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate in fattura, le quali sono rimaste, quindi, interamente deducibili.
Infatti, va ricordato che, con decorrenza dal 4 luglio 2006 (D.L. n. 223/2006), tali spese sono integralmente deducibili se sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate nella fattura.
La deduzione da parte del professionista che riaddebita l’importo è subordinata alla circostanza che la fattura emessa dall’albergatore o dal ristoratore contenga l’indicazione del soggetto (professionista) nei cui confronti la prestazione viene resa e, nel caso si tratti di più soggetti, specifichi quale parte del corrispettivo si riferisce a ciascuno dei professionisti stessi (circolare 16 febbraio 2007, n. 11/E).
Solo in tal caso, infatti, il professionista può qualificare la spesa come prestazione di vitto e alloggio effettuata per lo svolgimento dell’incarico ricevuto che non soggiace alla limitazione del 2%, mentre l’impresa committente, ricevuta la parcella, imputa a costo la prestazione maggiorata dei rimborsi spese.
Regole in vigore dal 2015
Il decreto sulle Semplificazioni fiscali (D.Lgs. n. 175/2014) ha modificato il regime di tassazione del reddito di lavoro autonomo, prevedendo che le prestazioni alberghiere e di somministrazioni di alimenti e bevande acquistate direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per i professionisti che ne usufruiscono.
La disposizione in esame, a differenza di quella in vigore fino al 2014, non attribuendo carattere di “compensi in natura” a talune prestazioni e somministrazioni (se acquistate direttamente dal committente), ha introdotto una deroga al principio generale secondo il quale costituisce compenso per il professionista il rimborso delle spese da parte del committente ovvero il sostenimento delle spese direttamente da parte del committente (circolare 30 dicembre 2014, n. 31/E).
Tale deroga comporta per il professionista la completa irrilevanza dei valori corrispondenti alle prestazioni e somministrazioni, acquistate dal committente, di cui lo stesso professionista ha beneficiato per rendere la propria prestazione, sia quali compensi in natura, sia quali spese per la produzione del reddito (da addebitare in fattura).
Per il committente (impresa o lavoratore autonomo), la deducibilità del costo sostenuto per il servizio alberghiero e/o di ristorazione non è più subordinata alla ricezione della parcella del professionista e dipende dalle regole ordinariamente applicali alle rispettive categorie reddituali.
In sintesi, con le modifiche apportate dal decreto Semplificazioni fiscali, la situazione è cambiata nuovamente: a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015, è stato disposto che le prestazioni alberghiere e di somministrazioni di alimenti e bevande acquistate direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista che ne usufruisce.
Pertanto, per i professionisti, le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande non sono più integralmente deducibili (quindi, senza applicare i limiti del 75% della spesa e del 2% dei compensi), se sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate nella fattura.
In pratica, il professionista non deve più “riaddebitare” in fattura tali spese al committente e non può più dedurle quale componente di costo deducibile dal proprio reddito di lavoro autonomo.
Inclusione delle spese di viaggio e trasporto
Su questa norma, il D.L. n. 193/2016 inserisce un inciso che equipara il suddetto trattamento fiscale anche alle spese di viaggio e trasporto sostenute dal committente.
Pertanto, dal punto di vista operativo, la situazione sarà la seguente:
1)  il committente:
– riceverà da colui che presta il servizio alberghiero o di ristorazione, il documento fiscale a lui intestato con l’esplicito riferimento al professionista che ha fruito del servizio;
– non comunicherà al professionista l’ammontare della spesa effettivamente sostenuta;
– non invierà al professionista la copia della relativa documentazione fiscale;
– il costo sarà deducibile in base alle ordinarie regole applicabili alla propria categoria di reddito (lavoro autonomo o impresa).
2)  il lavoratore autonomo:
– emetterà la parcella non comprendendo le spese sostenute dal committente per viaggio e trasporto;
– non considererà deducibili le spese sostenute dal committente per viaggio e trasporto.

Ma la novità di maggiore impatto è sicuramente quella che riguarda la seconda (e più frequente) ipotesi, ossia quella del riaddebito analitico in fattura da parte del professionista che ha sostenuto in proprio i costi.

Infatti, poiché (ai sensi del comma 2 dell’articolo 54 del Tuir) determinate spese (prestazioni alberghiere e somministrazioni di alimenti e bevande) sono deducibili in forma limitata per il soggetto che svolge abitualmente l’arte o la professione (precisamente nella misura del 75% e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo d’imposta), in tutti i casi in cui l’accordo con il cliente ne prevedeva il riaddebito analitico, l’applicazione delle norme portava ad un risultato decisamente penalizzante e privo di sistematicità:

  • l’importo delle spese costituiva compenso imponibile al 100%, ma, allo stesso tempo, incontrava una forte limitazione alla deducibilità che poteva anche essere duplice, sommando il “paletto” del 75% dell’importo con quello del 2% dei compensi (Circolare n. 53/E/2008).

Più volte le categorie interessate hanno evidenziato le contraddizioni di una simile disciplina, che ora trova soluzione attraverso la previsione specifica che disapplica i limiti ordinari di deducibilità alle spese di vitto e alloggio in esame ove esse vengano riaddebitate analiticamente in fattura al committente.

La norma non lo dice, ma trattandosi di spese per l’esercizio di un incarico professionale neppure il committente dovrebbe essere assoggettato al limite del 75% di cui al comma 5 dell’articolo 109 del Tuir (Circolare n. 31/E/2014). Anche questa modifica viene espressamente resa efficace dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016, e, quindi, incide direttamente sulle dichiarazioni dei redditi di prossima presentazione.

Studio Frisacco resta a disposizione per ulteriori e migliori chiarimenti.

Di DOTT. MATTEO FRISACCO

Dottore Commercialista e Revisore Legale dei Conti, Membro effettivo del Collegio Sindacale, Revisore Legale dei conti, Curatore Fallimentare, Iscritto nell'Elenco dei Revisori degli Enti Locali, Consulente nella gestione dei rapporti di lavoro legge 12/1979, Iscritto all'Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Treviso, Iscritto al Registro Nazionale dei Revisori Legali.

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