Come abbiamo visto in precedenti contributi, il legislatore nazionale ha modificato l’articolo 9 del Decreto Iva con decorrenza 1° gennaio 2022, per cercare di renderlo compatibile con il diritto comunitario, ed in particolare con le statuizioni della sentenza della Corte di Giustizia Europea C-288/16.

Nello specifico, la norma prevede ora che il regime di non imponibilità per le prestazioni di trasporto può essere applicato solo nei confronti di committenti che si qualificano come esportatori, titolari del regime di transito, importatori, destinatari dei beni o spedizionieri.

Abbiamo visto come tale norma risulti “anomala” rispetto alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, in quanto viene omesso il “mittente” e viene aggiunto lo spedizioniere.

Inoltre, abbiamo evidenziato come ci risulti anomalo che la limitazione alla possibilità di applicare la non imponibilità ai sensi dell’articolo 9 del Decreto Iva riguardi solo le prestazioni di trasporto di cose, e non quelle relative alla “movimentazione merce” (carico, scarico, trasbordo, manutenzione, stivaggio, disistivaggio, pesatura, misurazione, controllo, refrigerazione, magazzinaggio, deposito, custodia e simili). Chi scrive ha espresso anche l’opinione secondo cui se i servizi di “movimentazione merce” sono accessori ai servizi di trasporto, ai sensi dell’articolo 12 del Decreto Iva, assumono il regime fiscale di questi ultimi.

Approfondimenti sono stati fatti con particolare riferimento ai servizi elencati nell’articolo 9, connessi a merce in esportazione, mentre altrettanti approfondimenti non sono stati fatti con riguardo ai trasporti in importazione.

Per tali servizi, connessi alla importazione definitiva di merci, la non imponibilità è subordinata a ciò che avviene in dogana all’atto dell’importazione di merce, con una piccola ma non trascurabile differenza, che deriva da un probabile non corretto recepimento della norma comunitaria, operato a seguito di una sentenza della Corte di Giustizia Europea (che ha visto soccombente proprio l’Agenzia delle Entrate) e di una procedura di infrazione.

L’articolo 144 Direttiva 112/2006 prevede che gli Stati membri esentino le prestazioni di servizi connesse con l’importazione di beni il cui valore è compreso nella base imponibile in dogana della merce, che, ai sensi dell’articolo 86, deve includere le spese accessorie all’importazione, “quali le spese di commissione, di imballaggio, di trasporto e di assicurazione, che sopravvengono fino al primo luogo di destinazione dei beni nel territorio dello Stato membro d’importazione (…)”.

Anche l’articolo 69 Decreto Iva prevede che nella base imponibile della merce in importazione entrano le “spese di inoltro fino al luogo di destinazione all’interno del territorio della Comunità che figura sul documento di trasporto sotto la cui scorta i beni sono introdotti nel territorio medesimo”.

In sostanza, se il documento che accompagna la merce, ad esempio sulla tratta marittima di un trasporto internazionale partente da Tokio, prevede come luogo di destino il porto di Genova, ma la merce è destinata a proseguire poi via terra fino a Milano, il valore delle spese di inoltro relative alla tratta Tokio-Genova entrano nella base imponibile dell’Iva all’importazione, e pertanto il trasportatore emette la relativa fattura con la non imponibilità ex articolo 9, mentre il corrispettivo relativo alla tratta Genova-Milano, che non è entrato nella base imponibile dell’Iva all’importazione, deve essere fatturato con Iva.

Qualora un trasporto di tale tipo venga commissionato da un soggetto passivo stabilito in Italia, ad un trasportatore stabilito all’estero, la distinzione tra parte non imponibile in articolo 9 e parte con Iva deve essere fatta dal committente con reverse charge, quindi in sede di integrazione della fattura del trasportatore comunitario o di emissione di autofattura per trasporti commissionati a trasportatori extracomunitari.

A seguito delle modifiche operate sull’articolo 9 con decorrenza 1° gennaio 2022, l’articolo 9 può trovare applicazione solo sulle prestazioni di trasporto nelle quali il committente è l’importatore o il destinatario dei beni (e quindi non può essere applicato ad esempio nei confronti di altro trasportatore), mentre per i servizi di “movimentazione merce” non accessori ai trasporti di cui sopra (ad esempio perché resi da altro soggetto) tale limitazione non è stata aggiunta. Nell’ottica della compatibilità di quanto appena esposto con il diritto comunitario, la cosa lascia perplessi.

Inoltre, risulta abbastanza difficoltoso capire chi sia il “destinatario dei beni”, che può usufruire del regime di non imponibilità, e che è soggetto diverso dall’importatore dei beni. Qualora infatti il trasporto sia commissionato da soggetto che riceve fisicamente la merce, e che, però, non risulta “importatore”, appare infatti abbastanza complesso immaginare di fatturare il traporto verso tale “destinatario dei beni” con la non imponibilità, per il fatto che “l’importatore” ha inserito in base imponibile della sua bolletta doganale quel valore.

Entrando poi nel dettaglio dell’articolo 9 del Decreto Iva, nel 2019 la normativa nazionale fu modificata, a seguito della sentenza C-276/16, con la quale la Corte di Giustizia aveva rilevato che, per godere del regime di esenzione (da noi coniato come “non imponibile”), è sufficiente che il valore dei relativi servizi sia incluso nella base imponibile dell’importazione, e non è invece necessario che la stessa sia “pagata”.

Il caso aveva ad oggetto importazioni in franchigia, nelle quali veniva determinata una base imponibile ma l’imposta non veniva assolta sulle piccole spedizioni di carattere non commerciale.

La differenza tra determinazione della base imponibile, e “pagamento” dell’Iva all’importazione potrebbe però esserci anche nel caso di immissione in libera pratica con introduzione in un deposito fiscale o per inoltro della merce in altro Stato membro, o per utilizzo del plafond, o per l’importazione di rottami.

Ciò premesso, dopo la modifica del 2019, per la non imponibilità delle prestazioni di trasporto è sufficiente che i relativi corrispettivi “siano inclusi nella base imponibile ai sensi del primo comma dell’articolo 69”, mentre per i servizi di “movimentazione merce” la norma prevede che la non imponibilità sia subordinata al fatto che “i corrispettivi dei servizi stessi siano assoggettati ad imposta a norma del primo comma dell’articolo 69”.

In sostanza, parrebbe che la norma italiana non sia ancora pienamente compatibile con quella comunitaria.

 

Restiamo a disposizione per informazioni, chiarimenti e assistenza.

Cordiali saluti

Studio Frisacco

 

articolo tratto da ecnews.it

Di DOTT. MATTEO FRISACCO

Dottore Commercialista e Revisore Legale dei Conti, Membro effettivo del Collegio Sindacale, Revisore Legale dei conti, Curatore Fallimentare, Iscritto nell'Elenco dei Revisori degli Enti Locali, Consulente nella gestione dei rapporti di lavoro legge 12/1979, Iscritto all'Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Treviso, Iscritto al Registro Nazionale dei Revisori Legali.

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