Ai fini transfer price l’ordinamento giuridico domestico (articolo 110, comma 7, Tuir) prevede che: “I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni di cui all’articolo 31-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.
A livello operativo, occorre verificare se l’impresa oggetto di analisi transfer pricing applichi, ai rapporti economici e commerciali avvenuti tra imprese consociate appartenenti allo stesso Gruppo multinazionale, nella compravendita di beni o prestazioni di servizio, valori conformi al principio di libera concorrenza (c.d. arm’s length principle), previsto dall’articolo 9, paragrafo 1, del modello Ocse di convenzione.
In merito, come noto, il D.M. 14.05.2018 ha dato concreta attuazione alle modifiche introdotte nel nostro ordinamento dal D.L. 50/2017 proprio al citato articolo 110, comma 7, Tuir.
In particolare, l’articolo 6, comma 1, del citato Decreto prevede che si considera conforme al principio di libera concorrenza l’intervallo di valori risultante dall’indicatore finanziario selezionato in applicazione del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento ritenuto più appropriato, qualora tali valori siano riferibili a un numero di operazioni realizzate tra due parti indipendenti (c.d. operazioni non controllate), ognuna delle quali risulti parimenti comparabile all’operazione controllata.
Giova ricordare che la valorizzazione di un’operazione controllata in base al principio di libera concorrenza è determinata applicando il metodo più appropriato alle circostanze del caso, senza più seguire una rigida gerarchia tra i vari metodi previsti dalla prassi Ocse (c.d. most appropriate method – MAM).
L’articolo 6, comma 2, del Decreto prevede che un’operazione controllata, o un insieme di operazioni controllate, si considerano realizzate in conformità al principio di libera concorrenza qualora l’indicatore finanziario applicato sia compreso nell’intervallo di libera concorrenza.
Qualora invece l’indicatore finanziario di un’operazione controllata, o di un insieme di operazioni aggregate, non rientri nell’intervallo di libera concorrenza, l’Amministrazione finanziaria effettua una rettifica al fine di riportare il predetto indicatore all’interno dell’intervallo di libera concorrenza.
Ciò posto, nel corso di una verifica fiscale, occorrerà individuare la correttezza:
- del metodo scelto dal contribuente per calcolare la congruità dei prezzi di trasferimento, con i correlati indicatori finanziari – es. Ros, Roa, Return on Total Cost (c.d. Net Cost Plus) Berry Ratio etc.;
- dei soggetti comparabili individuati in esito all’analisi di comparabilità (c.d. soggetti terzi indipendenti);
- dell’intervallo statistico dei valori selezionati (c.d. strumento statistico).
A livello statistico, si ricorda che l’intervallo o range interquartilico è l’intervallo compreso tra il primo quartile (25-esimo percentile) e il terzo quartile (75-esimo percentile), dei valori raccolti e relativi ai soggetti comparabili.
Quindi:
- il primo quartile è un valore tale che il 25% dei dati ordinati è inferiore o uguale a esso;
- il terzo quartile è un valore tale che il 75% dei dati ordinati è inferiore o uguale a esso.
Sul punto, come confermato da parte dell’Agenzia delle Entrate con la recente circolare 16/E/2022, le Linee Guida Ocse chiariscono che per “strumenti statistici” si intende l’utilizzo di indicatori di tendenza centrale, così da “restringere” l’intervallo di valori, eliminando i cosiddetti “valori estremi” o outliers (come l’intervallo interquartile o altri percentili).
Infatti, assumendo la potenziale esistenza di difetti di comparabilità non identificabili o non quantificabili e, quindi, non rettificabili, è comunque accettabile mantenere la validità dell’analisi di comparabilità a condizione che vengano esclusi quei valori che si allontanano significativamente da un’area di tendenza centrale che contiene la mediana (quali, ad esempio, i valori non compresi tra il primo e il terzo quartile) e che possono essere qualificati pertanto, con un ragionevole grado di certezza, come valori non conformi al principio di libera concorrenza.
Tale assunto deriva dalla circostanza che tali valori “estremi”, siano molto probabilmente conseguenza di difetti di comparabilità non altrimenti rettificabili.
La citata circolare 16/E/2022 ha fornito importanti chiarimenti circa le eventuali rettifiche da operare nell’ambito di una verifica fiscale e le modalità di determinazione dell’intervallo di valori conforme al principio di libera concorrenza.
In particolare, si considera conforme al principio di libera concorrenza quell’intervallo di valori formato dagli indicatori finanziari selezionati in applicazione del metodo più appropriato relativo a ciascuna operazione tra soggetti terzi indipendenti che risulti parimenti comparabile con l’operazione controllata.
Quindi, qualora l’analisi effettuata risulti affidabile e le operazioni individuate abbiano tutte il medesimo livello o grado di comparabilità, andrà preso in considerazione l’intero intervallo di valori risultante dall’applicazione dell’indicatore finanziario selezionato in applicazione del metodo più appropriato (c.d. “full range”), ciascuno dei quali è da considerare conforme al principio di libera concorrenza.
Qualora invece le transazioni all’interno dell’intervallo di valori non dovessero avere lo stesso livello o grado di comparabilità con l’operazione controllata, è necessario fare riferimento ai citati “strumenti statistici” al fine di restringere l’intervallo e, quindi, rafforzarne l’affidabilità, sempre che vi sia un numero significativo di operazioni.
Ad ogni modo, sia in caso si adotti l’intervallo pieno (c.d. “full range”), sia nel caso in cui sia invece necessario individuare un intervallo più ristretto basato su “strumenti statistici”, tutti i valori contenuti all’interno dell’intervallo devono essere considerati conformi al principio di libera concorrenza.
In definitiva:
- nel caso in cui l’indicatore finanziario dovesse ricadere all’interno del range di libera concorrenza (sia esso intervallo pieno o ristretto), non sarà necessario apportare alcuna rettifica ai fini fiscali;
- qualora l’indicatore finanziario selezionato dovesse ricadere al di fuori dell’intervallo di libera concorrenza, l’impresa dovrà fornire idonea documentazione che dimostri la conformità dell’indicatore utilizzato al principio di libera concorrenza, onde evitare rettifiche fiscali.
Restiamo a disposizione per informazioni, chiarimenti e assistenza.
Cordiali saluti
Studio Frisacco
tratto da ecnews.it