La Suprema Corte ha recentemente affrontato tre questioni in materia di verifiche fiscali, tutte risolte a sfavore del contribuente.
La prima attiene alla ritenuta violazione dell’articolo 7, primo comma, della Legge 212/2000, non avendo l’Ufficio allegato il PVC all’atto impositivo. La tesi è però manifestazione infondata, considerato che, in tema di motivazione per relationem degli atti di imposizione tributaria, l’articolo 7 primo comma citato, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione (cfr. Cass. 14 gennaio 2015, sent. 407).
La seconda attiene alla legittimità dell’atto impositivo che si sia limitato a recepire le risultanze delle indagini della Guardia di Finanza. Anche tali tesi è però destituita di fondamento, in quanto la motivazione dell’atto impositivo, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima, neppure per asserita mancanza di autonoma valutazione da parte dell’ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare un’economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti alla parte contribuente, non arreca alcun pregiudizio al coretto svolgimento del contraddittorio (cfr. Cass. 16 maggio 2014, sent. 10767).
La terza attiene la durata della verifica fiscale, che a detta del contribuente non dovrebbe superare i trenta giorni fissati dalla legge. Sul punto la Corte è parimenti lapidaria, rilevando come l’eventuale supero di tale termine non comporti la nullità dell’accertamento, nè l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, trattandosi di effetti non previsti nell’ordinamento. Sul punto la Corte richiama la Cass. 15 aprile 2015 n. 75481, secondo cui, il protrarsi della presenza dei verificatori nella sede del contribuente oltre i termini previsti dall’articolo 12, comma 5, della Legge 212/2000, non preclude, in assenza di una specifica norma sanzionatoria, l’utilizzo degli elementi acquisiti oltre la scadenza dei predetti termini, e per l’effetto non determina l’invalidità del conseguente avviso di accertamento.
La conclusione tratta dalla Suprema Corte su quest’ultimo punto suscita perplessità, non tanto per il principio affermato, quanto per la motivazione dedotta.
Studio Frisacco resta a disposizione per ulteriori e migliori chiarimenti.