Il treaty shopping rappresenta una particolare forma di elusione fiscale internazionale attuata attraverso l’indebito utilizzo delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni sui redditi.

In questo contesto, lo strumento di contrasto principale a tale fenomeno, quale clausola antiabuso specifica, è contenuto negli accordi internazionali sottoscritti tra i vari Paesi a livello internazionale ed è costituito dalla cosiddetta clausola del beneficiario effettivo (”beneficial owner”), la cui definizione è rinvenibile nel Commentario agli articoli 10, 11 e 12 del modello OCSE.

Il Ruolo Delle Conduit Company nell’elusione Fiscale Internazionale

Il treaty shopping ha lo scopo di minimizzare, ovvero azzerare, la ritenuta alla fonte a titolo di imposta (la c.d. withholding tax) sui flussi reddituali crossborder corrisposti nei confronti di soggetti non residenti.

L’obiettivo delle pratiche di abuso dei trattati internazionali è quello di arrivare ad ottenere un indebito risparmio fiscale andando ad avere una doppia non imposizione fiscale dei redditi. I soggetti alla ricerca di questo tipo di elusione o evasione fiscale vogliono riuscire ad ottenere l’esenzione dalla ritenuta in uscita su proventi (solitamente, interessi, dividendi, plusvalenze o royalties) nel Paese della fonte.

Questo obiettivo, negli schemi più classici si concretizza attraverso l’inserimento, nell’organigramma societario di un gruppo multinazionale di uno o più soggetti di comodo (meri intermediari) tra il Paese di origine del reddito (c.d. Paese della fonte) e quello in cui risiede il destinatario finale del reddito stesso (“beneficiario effettivo“). In buona sostanza, in questi casi, l’operazione elusiva si concretizza tramite l’interposizione di società, denominate conduit company, il cui unico fine è quello di fare transitare i flussi di reddito dalla fonte al beneficiario finale attraverso un percorso che consenta lo sfruttamento delle migliori condizioni fiscali.

Schematizziamo, di seguito, il possibile utilizzo distorto degli accordi internazionali, nell’ambito di operazioni rientranti nei c.d. fenomeni di “aggressive tax planning”.

Treaty Shopping: Pianificazione Fiscale Aggressiva In Caso Di Royalties

Per quanto riguarda le ipotesi di pianificazione fiscale aggressiva in caso di royalties il caso classico è quello in cui vi è una società Alfa, residente in Italia che deve distribuire delle royalties ad una società Beta (beneficiario effettivo) residente in un altro Stato (non in convenzione con l’Italia).

In questo caso l’effetto che si ottiene è che Alfa, al momento dell’erogazione delle royalties, ad esempio per 100 si trovi a trattenerne il 30% (come ritenuta fiscale in uscita ex art. 25. co. 2, DPR n. 600/73), con un netto che arriva a Beta di 70.

Tuttavia, se in questo schema andassimo ad inserire una terza società (“conduit company“) ad esempio residente in uno Stato in convenzione con l’Italia che prevede l’applicazione di una ritenuta in uscita dall’Italia delle royalties del solo 5%, le stesse arriverebbero nette a questa società, per 95. Se poi ipotizziamo la presenza di una convenzione tra questo Stato e quello del beneficiario effettivo Beta, con ritenuta in uscita del 10% sulle royalties, l’importo netto che incassa Beta diventa di 85,5.

Attraverso questo schema la società Beta, beneficiaria effettiva riesce ad ottenere un guadagno di 15,5 (85,5 – 70). Si tratta di un vantaggio indebito ottenuto tramite una conduit company, costituita senza valide ragioni economiche in uno Stato che presenta dei vantaggi ai fini delle convenzioni contro le doppie imposizioni.

Treaty Shopping: Pianificazione Fiscale Aggressiva In Caso Di Dividendi

Il caso classico di pianificazione fiscale aggressiva in caso di dividendi transfrontalieri è quello del c.d. “double irish with dutch sandwich”. Si tratta di uno schema diffuso ed adottato negli anni passati da molte società multinazionali famose.

Volendo adesso schematizzare e semplificare questa modalità di treaty shopping possiamo ipotizzare la presenza di una società Alfa italiana ed operativa, che distribuisce i dividendi alla società controllante, holding Beta, residente in paese a fiscalità privilegiata. Ordinariamente il flusso di dividendi transfrontaliero da Alfa a Beta, sconta in Italia sempre una ritenuta in uscita del 30%. Quindi ipotizzando il solito flusso di 100, a Beta, in questa ipotesi ne arrivano 70.

Qualora, invece, entri in gioco una società Conduit, Gamma, posta ad esempio in Olanda, è possibile ottenere dei vantaggi fiscali da questa operazione. Infatti, potendo applicare la direttiva c.d. “madre/figlia” Alfa, riesce ad inviare Gamma il flusso di dividendi in esenzione da ritenuta ex art. 27-bis, co. 3 del DPR n. 600/73. Allo stesso modo Gamma, nella sua normativa interna non prevede l’applicazione di ritenute in uscita sui dividendi corrisposti ad entità terze non residenti. In questo modo il flusso di dividenti che è partito da Alfa, riesce ad arrivare a Beta, senza scontare tassazione.

Anche in questo caso siamo di fronte ad uno schema di pianificazione fiscale aggressiva, in quanto la società Gamma, è stata costituita senza valide ragioni economiche ed al solo scopo di ottenere un indebito vantaggio di imposta.

La Clausola Del Beneficiario Effettivo Nel Modello Di Convenzione Ocse

Per garantire l’effettivo rispetto delle norme convenzionali e la tutela degli interessi erariali degli Stati contraenti, scongiurando possibili fenomeni di pianificazione fiscale internazionale, sono state introdotte particolari clausole antiabuso all’interno delle Convenzioni. Mi riferisco, in particolare alla “beneficial ownership clause” che è presente nella gran parte dei trattati internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi stipulati dall’Italia con altri Paesi, nella Direttiva 2003/49/CE (interessi canoni) e anche nelle disposizioni domestiche (ad esempio articolo 26-quater, DPR n. 600/1973).

Lo scopo di tale clausola è quello di contrastare l’interposizione reale di un soggetto terzo tra l’erogante dei redditi (supponiamo residente in Italia) e il beneficiario finale degli stessi, al fine di utilizzare la più favorevole Convenzione bilaterale conclusa tra lo Stato della fonte e lo Stato in cui è ubicato il soggetto interposto.

Il modello di Convenzione OCSE, agli articoli 10, 11 e 12 prevede espressamente il concetto di beneficial owner, senza, tuttavia, fornirne una definizione. Quindi, occorre fare riferimento al Commentario al modello di Convenzione, secondo cui il concetto di beneficiario effettivo deve essere interpretato alla luce dello scopo e dell’oggetto della Convenzione medesima, ossia non solo quello riferito all’eliminazione della doppia imposizione economica, ma anche la prevenzione dell’elusione e dell’evasione fiscale. In merito, ad esempio, il commentario agli articoli 10, 11 e 12 del modello OCSE di convenzione, specifica che:

“the term beneficial owner is not used in a narrow technical sense, rather, it should be understood in its context and light of the object and purpose of the convention, including avoiding double taxation and the prevention of fiscal evasion and avoidance”

Per tale motivo, il Commentario sottolinea l’utilità di prevedere specifiche clausole antiabuso dei trattati, tra le quali spicca la c.d. “beneficial ownership clause”.

Treaty Shopping: Conclusioni

Come è stato illustrato, il treaty shopping e l’esatta individuazione del beneficiario effettivo, sono argomenti di centrale importanza nel panorama internazionale di riferimento.

Sul punto, la prassi OCSE, nello spirito di contrastare fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva (disconoscendo i benefici convenzionali non spettanti) ha fornito, in chiave interpretativa, interessanti spunti necessari a individuare il beneficiario effettivo dei flussi reddituali. Per questo motivo occorre valutare attentamente le strutture di puro artificio localizzate all’estero disconoscendo, ai sensi dell’articolo 10-bis, Legge n. 212/2000, gli indebiti vantaggi tributari ottenuti nelle ipotesi di elusione fiscale e abuso del diritto transnazionale.

 

Restiamo a disposizione per informazioni, chiarimenti e assistenza.

Cordiali saluti

Studio Frisacco

Di DOTT. MATTEO FRISACCO

Dottore Commercialista e Revisore Legale dei Conti, Membro effettivo del Collegio Sindacale, Revisore Legale dei conti, Curatore Fallimentare, Iscritto nell'Elenco dei Revisori degli Enti Locali, Consulente nella gestione dei rapporti di lavoro legge 12/1979, Iscritto all'Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Treviso, Iscritto al Registro Nazionale dei Revisori Legali.

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