La delibera del Consiglio Nazionale del Coni n. 1568 del 14 febbraio 2017 produce effetti sulle agevolazioni fiscali delle organizzazioni iscritte nel Registro Coni. Appaiono principalmente “sacrificate” le società di capitali e le cooperative sportive dilettantistiche. Esaminiamo quali saranno le novità per le organizzazioni sportive che avessero scelto queste forme costitutive precisando che nessuna conseguenza ci sarà in capo a chi pratica esclusivamente le attività sportive rientranti tra quelle indicate nell’elenco allegato alla delibera del Coni.
La società sportiva dilettantistica che svolge solo attività non più rientranti tra quelle riconosciute tali dal Coni, non potrà più avvalersi delle agevolazioni fiscali previste in favore delle associazioni (in virtù della equiparazione prevista dal primo comma dell’articolo 90 della L. 289/2002) e, pertanto, rimarrà un ente commerciale (essendo a tal fine irrilevante l’eventuale clausola di non lucratività) soggetto alla disciplina generale del reddito di impresa e dell’imposta sul valore aggiunto. Ovviamente perderà ogni diritto a riconoscere per tutti i collaboratori i compensi di cui all’articolo 67, primo comma, lettera m), del Tuir.
La società sportiva di capitali che pratica sia attività comprese che non comprese nella delibera del Coni, perde la possibilità delle agevolazioni ai fini Imu e Tasi (ammesso che prima ne godesse) e la defiscalizzazione delle quote di frequenza (agevolazione che, invece, potrebbero mantenere le associazioni sportive che fossero anche iscritte ai registri delle associazioni di promozione sociale), oltre a non poter più riconoscere compensi agli istruttori sportivi per le attività recentemente escluse. Esiste anche il rischio che si possa applicare a tali prestazioni, di fatto non più riconosciute sportive, la presunzione di cui al primo comma dell’articolo 2 laddove viene previsto che: “si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretizzano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e ai luoghi di lavoro”. Inoltre, le società di capitali o le cooperative sportive dilettantistiche, essendo enti commerciali, comunque non avrebbero potuto godere della agevolazione prevista dal comma tre, lett. b), dell’articolo 143 del Tuir laddove viene previsto che non concorrono alla formazione del reddito i contributi per lo svolgimento convenzionato di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi. Pertanto, in caso di gestioni di impianti sportivi pubblici da parte di società di capitali sportive, l’eventuale contributo posto a carico dell’amministrazione proprietaria sarà soggetto sia ad Iva che ad imposizione diretta.
Ma la novità più rilevante potrebbe essere riservata alle palestre di body building gestite da società di capitali sportive che prevedono agli iscritti di partecipare a tutte le attività svolte dalle società sportive previo pagamento dell’abbonamento. Alla luce della nuova delibera la commercialità delle attività non più ricomprese tra quelle sportive comporterà l’attrazione verso la gestione commerciale anche delle attività che teoricamente sarebbero rimaste sportive e avrebbero consentito di poter godere delle agevolazioni fiscali. Pertanto, l’intero costo dell’abbonamento, ricomprendendo sia attività sportive che non, risulterebbe attratto al reddito di impresa, essendo a questo punto irrilevante la circostanza che l’iscritto sia un tesserato alla Federazione o al Coni.
Studio Frisacco resta disposizione per ulteriori e migliori chiarimenti.