Dal 2025 vengono modificate le condizioni di esclusione dal regime forfettario (L. 190/2014). Le disposizioni interessate sono quelle che escludono il regime in caso di:
– esercizio dell’attività autonoma prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro oppure erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta (art. 1 comma 57 lett. d-bis);
– possesso, nell’anno precedente, di redditi di lavoro dipendente e a questi assimilati, di cui agli artt. 49 e 50 del TUIR, eccedenti l’importo di 30.000 euro (soglia che può non essere considerata se il rapporto di lavoro è cessato; art. 1 comma 57 lett. d-ter).
La prima modifica è contenuta nel testo approvato del Ddl. Lavoro pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Più nello specifico, all’art. 17 viene disposta l’inapplicabilità della causa ostativa di cui al primo punto nei confronti delle persone fisiche iscritte in albi o registri professionali che, oltre a svolgere l’attività professionale, intrattengono anche un rapporto di lavoro subordinato a tempo parziale e indeterminato nei confronti di un datore di lavoro che occupi più di 250 dipendenti.
La misura introduce a regime una deroga alla causa ostativa, in precedenza avanzata solo dalla prassi. In fase di prima applicazione della causa di esclusione (avvenuta dal 2019 per effetto della L. 145/2018), infatti, l’Agenzia delle Entrate aveva riconosciuto l’applicabilità del regime nei confronti di coloro che conseguivano sia redditi di lavoro autonomo (o d’impresa), sia redditi di lavoro dipendente (o assimilati) nei confronti del medesimo datore di lavoro, se i due rapporti persistevano senza modifiche sostanziali per l’intero periodo di sorveglianza biennale previsto dalla norma.
Affinché la causa ostativa non operi è necessario che il datore di lavoro occupi più di 250 dipendenti, da calcolarsi alla data del 1° gennaio dell’anno in cui sono stipulati contestualmente il contratto di lavoro subordinato e il contratto di lavoro autonomo d’opera professionale.
Il contratto di lavoro dipendente deve prevedere un orario compreso tra il 4% e il 50% del tempo pieno previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato.
Invece, il contratto di lavoro autonomo:
– dev’essere stipulato contestualmente al contratto di lavoro subordinato e certificato dalle commissioni di cui all’art. 76 del DLgs. n. 276/2003;
– non deve determinare, rispetto al rapporto di lavoro subordinato, alcuna forma di sovrapposizione riguardo all’oggetto e alle modalità della prestazione, nonché all’orario e alle giornate di lavoro.
I lavoratori autonomi sono tenuti a eleggere un domicilio professionale distinto da quello del soggetto con cui hanno stipulato il contratto di lavoro subordinato a tempo parziale.
Fatti salvi i requisiti sopra indicati, in mancanza di iscrizione in albi o registri professionali, la causa ostativa può non essere applicata anche nei casi e alle condizioni previste da intese recepite in contratti collettivi di lavoro ai sensi dell’art. 8 del DL n. 138/2011 (c.d. accordi di prossimità).
La seconda modifica è contenuta nella Legge di bilancio 2025.
La disposizione si propone di incrementare da 30.000 a 35.000 euro il limite dei redditi di lavoro dipendente e a questi assimilati; si tratta di una misura a carattere transitorio per il solo 2025.
Il periodo da considerare per il calcolo del limite è l’anno precedente a quello in cui si intende accedere o permanere nel regime. Pertanto, per utilizzare il regime nel 2025, occorre considerare i redditi percepiti nel 2024; ove il nuovo limite di 35.000 euro sia superato, il soggetto non potrà applicare il regime per il 2025.
Rispetto a questa causa di esclusione, la prassi dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che rilevano solo i redditi percepiti in via ordinaria, senza tener conto di fattori errati che potrebbero falsare la determinazione della predetta soglia (risposte a interpello Agenzia delle Entrate nn. 102/2020 e 398/2020). Conseguentemente, devono ritenersi escluse, ad esempio, le somme aventi natura straordinaria assoggettate a tassazione separata (es. emolumenti arretrati, TFR).
La possibilità di escludere la valutazione di questa causa di esclusione è legata alla cessazione del rapporto di lavoro che, per prassi costante dell’Agenzia, dev’essere intervenuta nell’anno precedente a quello di applicazione del regime forfetario e sempre che non siano percepiti redditi di pensione e non sia stato intrapreso un nuovo rapporto di lavoro, ancora in essere al 31 dicembre dell’anno precedente.
Ulteriori interventi al regime forfettario sono legati all’introduzione del regime di franchigia IVA con previsione di fattura semplificata sopra i 400 euro.