Come noto, dal 1° luglio 2021 il regime semplificato di identificazione Iva dello sportello unico (Moss) si è ampliato per includere anche le vendite a distanza e le prestazioni di servizi rese a consumatori finali UE, in ottemperanza alle Direttive (UE) 2017/2455 e 2019/1995, recepite con il D.Lgs. 83/2021.
Le novità riguardano le imprese italiane e straniere che vendono i loro prodotti all’interno dell’Unione europea a consumatori finali e/o assimilati, tramite l’uso di interfacce elettroniche proprie o di terzi.
Con questo regime dovremo abituarci a lavorare, poiché diventerà probabilmente il metodo ordinario degli scambi all’interno dell’Unione europea.
I principali destinatari sono i soggetti passivi, comprese le interfacce elettroniche, che operano nell’ambito del commercio transfrontaliero nei confronti di consumatori finali.
I vantaggi di aderire a tali regimi sono i seguenti:
– viene eliminato l’obbligo di doversi identificare direttamente o tramite rappresentante fiscale in ogni Stato membro dell’Unione;
– vengono abolite e superate le soglie stabilite per ogni Stato europeo;
– viene introdotta una soglia unica di 10.000 euro per tutti gli Stati europei.
Molti soggetti passivi, prima esclusi dalla normativa iva sulle vendite a distanza, ora sono obbligati all’iscrizione al nuovo regime Oss (One stop shop).
Superata la soglia di 10.000 euro negli scambi B2C (a privati consumatori finali), scatta l’obbligo di dover assoggettare ad Iva nel Paese di destinazione la vendita effettuata ai privati consumatori finali.
Sono stati, dunque, istituiti due nuovi regimi iva attraverso la modifica degli articoli 74-quinquies, 74-sexies, 74-sexies.1 e 74-septies D.P.R. 633/1972, che disciplinano rispettivamente: le modalità di dichiarazione e assolvimento dell’imposta Iva tramite Oss (UE ed extra-UE) e prevedono anche il regime Ioss.
Nello specifico:
– il regime Ioss (Import One Stop Shop) si può applicare alle vendite a consumatori finali di beni importati da Paesi terzi per spedizioni di valore non superiore a 150 euro;
– mentre il regime Oss (One Stop Shop) si può applicare alle vendite a distanza di beni spediti da uno Stato membro con destinazione consumatori finali di altro Stato membro dell’Ue e alle prestazioni di servizi rese a consumatori finali assoggettate all’Iva nello Stato membro di consumo.
Il regime Oss, a sua volta, è suddiviso in due sotto regimi:
– al regime “Oss non-UE”, possono registrarsi, i soggetti passivi extra-UE privi di stabile organizzazione nel territorio dell’Unione europea;
– al regime “Oss UE”, possono registrarsi i soggetti passivi domiciliati e residenti in Italia, i soggetti passivi extra-UE con una stabile organizzazione in Italia e i soggetti extra-UE privi di stabile organizzazione nel territorio dell’Unione europea che spediscono o trasportano beni a partire dall’Italia.
Questi nuovi regimi Iva permettono ai soggetti passivi, che possono applicarli, di essere esonerati dagli obblighi di emettere fattura, dalla tenuta dei registri Iva e dalla presentazione della dichiarazione Iva annuale.
Vanno infatti presentate apposite dichiarazioni trimestrali (mensili per Ioss), ma vi è l’obbligo di conservare solo idonea documentazione delle operazioni effettuate fino al termine del decimo anno successivo, da esibire all’Amministrazione italiana o straniera. Qualora sia emessa fattura valgono le regole degli articoli 21 e seguenti D.P.R. 633/1972.
La dichiarazione Iva Oss/Ioss deve essere presentata con apposito modello telematico per ciascun periodo d’imposta, deve essere predisposta anche nel caso in cui non sia stata effettuata alcuna operazione e va trasmessa entro la fine del mese successivo. Il periodo d’imposta è trimestrale per le operazioni effettuate secondo i regimi speciali UE e non UE, mensile se si ricorre al regime speciale d’importazione.
Il soggetto passivo versa l’Iva nello Stato in cui è identificato, applicando le aliquote proprie degli Stati membri di consumo. Il debito d’imposta è il totale dell’Iva risultante dalla dichiarazione; sarà poi lo Stato membro di identificazione a provvedere alla ripartizione degli importi tra i vari Stati di consumo. Il versamento dovrà essere effettuato entro il termine di presentazione della dichiarazione secondo le modalità di cui al D.M. 20.04.2015 a cui l’articolo 74-octies D.P.R. 633/1972 fa riferimento.
Ci sono novità anche per i gestori delle piattaforme elettroniche che facilitano il commercio online di beni di provenienza extracomunitaria: i marketplace non sono più obbligati a segnalare all’Amministrazione finanziaria le transazioni che passano per i loro mercati virtuali. Inoltre, i gestori diventano “fornitori” agli effetti Iva, acquistano i prodotti dal primo venditore extra UE e li rivendono al consumatore finale. Questo è quanto previsto e descritto nel nuovo articolo 2-bis D.P.R. 633/1972, introdotto dal D.Lgs. 83/2021, in osservanza della Direttiva Ue 2455/2017.
Non mancano, però, le difficoltà operative e tecniche, anche alla luce dei nuovi modelli di vendita attraverso internet, che corrono a una velocità maggiore rispetto alla normativa fiscale.
Si pensi, ad esempio, ai nuovi servizi che alcune piattaforme forniscono ai loro clienti, promuovendo la spedizione ad alcuni centri operativi.
Alcune piattaforme immagazzinano i prodotti del venditore e li conservano in questi centri fino a quando non c’è un ordine da spedire. Una volta ricevuto l’ordine, il prodotto d’interesse sarà imballato e spedito direttamente dalla piattaforma.
Qui tutto il processo di inventario, magazzino, logistica/spedizione e servizio al cliente viene gestito dalla piattaforma.
Questa modalità si diversifica completamente dal caso in cui sia il venditore a gestire tutto il processo di inventario, magazzinaggio e spedizione, poiché quest’ultimo utilizza le proprie risorse per gestire i processi, ed è completamente responsabile di ogni aspetto della vendita.
Nel caso in cui il fornitore decida di avvalersi dell’ausilio di una piattaforma elettronica gli obblighi derivanti dalla vendita a distanza intra UE non si trasferiscono in capo a quest’ultima, non operando il nuovo articolo 2-bis D.P.R. 633/1972 che, in riferimento a tali operazioni, trasferisce il debito d’imposta in capo al marketplace solo se il fornitore è un soggetto extra UE e i beni si trovano nel territorio dell’Unione Europea.
In questo caso, il fatto che la piattaforma non diventi il fornitore presunto non esclude che si debbano tenere i registri obbligatori previsti dall’articolo 39, comma 3, D.P.R. 633/1972.
C’è anche un’altra criticità da affrontare: i venditori, che utilizzano il servizio interamente gestito dalla piattaforma, dovrebbero comunque procedere a registrarsi nel Paese Ue di riferimento e procedere all’apertura della partita Iva del paese in cui è conservata la merce, con tutti i costi che questa gestione comporta, come avveniva prima dell’introduzione di questi due nuovi regimi.
Per tale ragione, deve essere posta una particolare attenzione ai rapporti contrattuali che il fornitore instaura con la piattaforma, verificando se questi determino o meno il trasferimento della proprietà dei beni, poiché questo può avere implicazioni diverse rispetto al regime Iva dell’e-commerce.
Un’altra difficoltà segnalata dagli operatori è la gestione dei resi: se viene effettuato un reso e viene emessa una nota di credito in un trimestre “Oss” o in un mese “Ioss” successivo a quello di riferimento, si deve apportare una rettifica alla dichiarazione Iva in cui è stata operata la vendita.
Restiamo a disposizione per chiarimenti ed assistenza.
Cordiali saluti,
Studio Frisacco